Perché il microfono esercita un grande fascino anche in coloro che non sono dei doppiatori? 

Avete mai provato a mettere le mani a cucchiaio sulle orecchie o a coppa davanti alla bocca? Permette di ascoltare la propria voce in un modo completamente diverso da quello nel quale siete abituati, e dischiude un universo nuovo per coloro che sono curiosi di conoscersi nel profondo.

I soggetti più musicali sono già affascinati dalle voci dei personaggi che stimolano la loro fantasia. Voci di personaggi famosi, o semplicemente famigliari all’ascolto.

D’altronde siamo anche il paese nel quale si è diffuso più di ogni altro il fenomeno del doppiaggio, da molti considerata una vera e propria arte. Anche in questo caso i doppiatori sono diventati delle vere e proprie star, grazie alla loro voce prestata a personaggi famosi.

Il fenomeno delle voci famose non ci deve distogliere dal fuoco di questo articolo, dedicato alla conoscenza di noi stessi e al miglioramento delle tecniche di comunicazione in pubblico che passano attraverso un uso corretto della voce.

Tutti abbiamo una bella voce e possiamo metterne a frutto le caratteristiche e le sfumature, a patto di conoscerla e di allenarla proprio come si farebbe con un muscolo e una tecnica. 

Poi, per coloro che ce l’hanno, arriva il talento, ma questo è l’ingrediente raro che fa diventare una bella voce una voce famosa!

Imparare a conoscersi attraverso il microfono permette di esprimere il meglio di sé.

Nei corsi sull’uso della voce tenuti insieme all’attrice doppiatrice Roberta Federici, adotto il microfono come strumento-chiave per permettere agli allievi di entrare profondamente in contatto con il proprio io. Certo non pretendo che diventino delle voci famose, al contrario, il microfono offre loro degli ingressi per entrare nelle profondità della propria anima, spesso sconosciuti prima di quel momento. 

Sei, sette allievi vengono portati in studio di registrazione, davanti al microfono, indossando le cuffie (l’estensione tecnologica delle mani di cui vi ho parlato all’inizio di questo articolo). Il primo impatto è brutale, un po’ come dover imparare da zero a camminare: la voce si fa incerta, il respiro comincia a diventare più frequente. È l’effetto di un vero sconosciuto che si affaccia ai nostri padiglioni auricolari.

Superato il primo imbarazzo, come sempre, ecco che la naturalezza e la dimestichezza prendono il sopravvento: “ma… ho davvero una voce così bassa?” oppure: “Vediamo se riesco a fare un falsetto”, e ancora: “mi piacerebbe fare l’imitazione di voci celebri da scene di film famose…” eccetera, eccetera…

Viviamo in un’era in cui la tecnologia (a dire la verità ha cominciato il cinema e poi la televisione) ci permette di assumere modelli e di farli propri, mettendoci nelle condizioni di volerne imitare le modalità. La stessa cosa accade quando imitiamo le voci degli altri. È un modo per ironizzare insieme agli amici, per ridere dei difetti, proprio perché vengono riconosciuti come tali: il primo passo per comprenderli ed eventualmente correggerli, se ne abbiamo voglia. Spesso, il che va bene lo stesso, il cosiddetto difetto diventa un elemento di pregio, un aspetto cosiddetto identitario. Ovvero ciò che ci distingue dagli altri rendendoci unici in mezzo a una moltitudine.

Prendiamo ad esempio la erre moscia o una caratteristica locuzione dialettale: parla di noi, della nostra sensibilità, delle nostre origini, che poi sono le nostre radici. Artisti come Maurizio Crozza, solo per citare il primo che mi viene in mente, non sono altro che grandi sensibilità al servizio dell’ironia. Gente che si conosce per davvero!

L’imitazione delle voci non è quindi un obiettivo, ma un mezzo per comprendere la versatilità del proprio mezzo espressivo. Ricordiamoci che siamo un unicum, ed è attraverso la valorizzazione di ciò che ci distingue che passa l’affermazione della nostra personalità, il riconoscimento di fronte alla nostra comunità di relazioni sociali.

Guardare la realtà per conoscere sé stessi: i corsi che aiutano a velocizzare l’apprendimento.

A che cosa serve dunque il corso per imparare a usare la voce, che io e la straordinaria collega e docente che mi affianca, Roberta Federici, abbiamo ribattezzato “l’abilità del comunicare”? In una battuta: a riconnettere la nostra personalità con lo strumento di comunicazione che la natura ci ha dato e che ci permette di relazionarci quotidianamente con amici, al lavoro, in famiglia e di ottenere il massimo riconoscimento delle nostre competenze e delle nostre abilità, se ben sfruttato. Non parliamo solo di tecnica. Come spesso ho avuto modo di sottolineare, avere una bella voce non basta. La capacità di allenarla per poter interpretare al meglio le mille sfumature delle nostre emozioni, per poter valorizzare il senso di una comunicazione importante utilizzando tutti gli strumenti vocali che abbiamo a disposizione, si forma attraverso la continua riconnessione di come ci esprimiamo con l’intima essenza di chi siamo.

Un processo che parte innanzitutto dalla conoscenza e dall’accettazione di noi stessi. Per questo l’esercizio dell’imitazione delle voci di personaggi famosi è un ottimo strumento: “non è la mia voce, sto solo imitando la voce di personaggi famosi, non sono io, è un gioco”. Questo ragionamento implicito ci porta a sospendere la credulità per un attimo e a mollare gli ormeggi di tutti quei freni inibitori che spesso si manifestano quando apriamo la bocca. Voci stridule, poco timbrate, soffiate, sussurrate, diventano rotonde, piene, intonate, profonde.

Provate anche voi a casa a fare le imitazioni di voci e vedrete se non ho ragione…

Cimentarsi al microfono: un’esperienza valida anche per i non professionisti.

Certo, il corso “l’abilità di comunicare” non si ferma al gioco dell’imitazione di voci famose. Riporta lo strumento all’uso di tecniche che vanno dal tono al ritmo al colore. Una parte del corso è inoltre dedicata all’ascolto. “Come, – direte – insegnate a stare zitti?” Esatto. L’ascolto è la rampa di lancio per esprimersi, per entrare in contatto con i nostri interlocutori, comprenderne le istanze e in ultima analisi, esprimere concetti con la propria voce che siano convincenti, sicuri, condivisibili, memorabili. Il corpo e la voce, questi due antagonisti, diventano improvvisamente amici, inseparabili, riconoscibili. Diventiamo improvvisamente noi stessi, non più voci imprigionate in corpi estranei, ma l’armonica espressione di un unico messaggio coerente e credibile. 

Nella seconda parte del corso “l’abilità del comunicare” è infine dedicata all’organizzazione dei concetti di un messaggio. Si parte dal presupposto che tutti noi per avere non solo successo, ma essere riconosciuti nel proprio contesto di riferimento, abbiamo bisogno di organizzare una comunicazione efficace, semplice, che non significa banale, diretta. Io e Roberta aiutiamo anche in questo processo di progettazione, del quale, alla fine, la nostra voce diventa un naturale interprete: finalmente la ricongiunzione tra significato e forma, tra chi sentiamo di essere e come veniamo percepiti!

Ha a che fare con l’arte della recitazione, richiede tecnica, talento e tanto allenamento, ma è un percorso dell’anima che tende a riconnettere i fili di noi stessi che, per le mille ragioni del vivere, a volte si lacerano.

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