Una voce, uno storyteller, si nutrono di realtà. È per questo che all’interno dell’isolamento, si inaridiscono le vene creative e le storie sembrano tutte lontane.

Cerco di dare un ritmo alla giornata, delimitare gli spazi per associarli a una singola attività, trovare diversità in uno scorrere di giornate tutte uguali. Ho mille cose da fare, soprattutto pianificare il dopo emergenza, cercare di dare senso a questo stop tanto repentino quanto pneumatico. Ma sono davvero inaridito, e questo mi genera un senso di profonda frustrazione. Eppure è comprensibile, è normale. Nella mia vita di speaker, voce, doppiatore e poi narratore e podcaster sono sempre riuscito a trovare vene, filoni, elementi di racconto che meritassero la mia attenzione e, solo poi, la benevola indulgenza degli ascoltatori. Come mai non riesco più a trovare argomenti? Come mai non mi incuriosisce la storia contemporanea, ciò che accade nel mondo? Un motivo ce l’ho: tutto è influenzato dall’emergenza sanitaria. Le storie sono solo quelle, hanno cancellato ogni spazio per altri avvenimenti, altre storie. Come è stato possibile che abbiamo azzerato completamente quella risorsa quotidiana come il pane, che ci permette di costruire relazioni, confrontarci sul senso di ciò che accade? L’ispirazione che porta a costruire storie, a riunirci attorno al fuoco, ad ascoltare in silenzio? Chi ci ha rubato tutte le pagine del libro della vita?

Le storie del virus, per quanto drammatiche, non sono ancora elaborate. E suonano tutte uguali.

Ho molto rispetto per la sofferenza che pervade il momento che stiamo vivendo. La possiamo immaginare, chiusi nel nostro isolamento: mi sento fortunato a essere in buona salute e in una casa che permette di non impazzire perché offre diversi spazi, condivisi con la mia compagna, i miei figli. Resto in silenzio, con una inedita pazienza, raffrontata al mio abituale iperattivismo, inquietudine professionale, chiamateli come volete… è la benzina di chi si ritrova iscritto all’ufficio di collocamento dello spettacolo alla voce.”Speaker pubblicitario”.

Come dire: non mi importa di null’altro oltre che salutare il momento nel quale questo dramma finirà. Perché per troppe persone il dramma è già finito con l’ultima pagina della loro vita, lontano dai cari, lontano da un senso comprensibile, è questo che ci importa, alla fine, la morale della storia. In una comunità come la nostra il bene comune non può essere un’espressione matematico-statistica. Una vita vale un milione di vite, dobbiamo condividerlo. È la ragione del nostro vivere sociale: non siamo cavallette, il patto di convivenza si basa sul rispetto per la vita…

Basta, non riesco a parlare di questo dramma, a malapena posso scrivere e condurre un podcast insieme ad alcuni amici medici sullo stare a casa, cercando di evitare come i luoghi comuni, tempestando di domande esperti, medici, psicologi, che non se la passano certo meglio…

Quel podcast si intitola @Home tecniche di sopravvivenza, prodotto naturalmente dalla nostra piattaforma Gliascoltabili. Quanto alle storie delle persone, i drammi, gli angeli, no: le storie del Coronavirus le ascolteranno i nostri nipoti, forse. Ho voglia di girare pagina, non sono in grado di elaborare, da dentro, in mezzo al guado.

Preferisco dunque il silenzio. O tutt’alpiù  il prestare la mia voce a produzioni pubblicitarie che dicono unanimemente lo stesso messaggio: grazie per stare a casa. Solo che qui è lavoro e lo faccio volentieri, felice di poter essere di aiuto a chi riconosce nella mia voce della pubblicità un valore.

Contemplazione e meditazione sono una risposta. La forma più elevata della narrazione si trova nella poesia

Sento di rado amici e colleghi. Anche qui non riesco a trovare argomenti interessanti. Tutto mi appare già detto, e come vi ho già anticipato, commentare gli aggiornamenti sul virus svilisce il dramma, ti porta immediatamente in una dimensione da commento dello sport, come una volta al bar. Tra le poche frequentazioni quella di una collega molto brava, un’attrice che ha anche una bellissima voce della pubblicità, Valeria Perdonò. Mi racconta di avere deciso di offrire letture di poesie su ordinazione. Basta scriverle su Facebook e lei ti manda un bel messaggio con la sua voce che interpreta i versi di una poetessa o di un poeta. È stata recentemente intervistata da Radio 105 e qui trovate l’intervista. Mi è sembrata un’idea nobilissima e adatta alla circostanza. Un’iniziativa che offre bellezza a questo momento di attesa e di nulla. per questo l’ho voluta menzionare, augurandole ben altra fortuna per il futuro, Forza Valeria!

Il passato diventa l’unica fonte di ispirazione. Cerchiamo senso nell’esperienza per immaginare il futuro. Perché il futuro è già qui e si chiama presente.

Tra i miei progetti c’è il proposito di scrivere una nuova serie di La Mia Storia insieme a Giuseppe Paternò Raddusa, un collega autore che è anche uno sceneggiatore cinematografico. Siamo consapevoli che La Mia Storia sia una fucina di idee di racconto. Ovvero prendere un evento storico e tessere attorno ad esso una vicenda di persone comuni, travolte da quanto accade sulle pagine della storia. La prima serie pubblicata su Gliascoltabili è stata un diesel: è partita lenta, e ora sta cominciando a fare numeri interessanti, comincia a generare ascolti e interesse. A noi scriverla piace un casino. È creatività pura, analisi di personaggi, comprensione delle varie personalità, dei vari moventi. E può diventare qualcosa di visivo, anche se si tratta di un podcast. 

Ma non vi avevo detto che sono completamente arido come autore e storyteller? Ebbene si. Non mi resta che affondare la mia bocca alla sorgente del passato che non è affatto asciutta, anzi. Il passato è vivo e dinamico e ritorna a proporci con regolarità modalità di interpretazione di quanto ci sta accadendo. Rileggere gli avvenimenti ci permette di decifrare la confusione del presente, o quanto meno a dirci che forse non è tempo perso, che attendere può essere un’opportunità. 

Non è un caso che si riscoprano i classici, che riemergano storie più antiche che recenti, comunque figlie di un riordino narrativo che rappresenta comunque la modernità: leggiamo il passato per dare risposte al presente. Ci sentiamo allora con La mia storia seconda stagione… Ok?

Mi devo dare una mossa, tra breve devo incidere uno spot per una comunità montana che vuole dire ai suoi visitatori che questa pausa finirà, che li aspettano di nuovo, la prossima stagione, che li invita a stare a casa. E sia. Vogliono la mia voce calda, sensuale. La mia voce della pubblicità. Si può fare.

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