I canali televisivi. Una realtà che esercita ancora fascino

“La tv è morta”: continuiamo a ripetercelo ogni volta che trattiamo il tema, ci atteggiamo tutti a esperti di media e di sociologia (oggi come oggi è la stessa cosa) nel decretare la fine di un sistema, quello della televisione di flusso, alla quale sintonizzarsi (si dice ancora così?) per vedere cosa c’è di nuovo. L’on demand, Netflix, Amazon Prime Video, eccetera eccetera sono descritti come le killer applications di un mondo che tuttavia continua a mantenere un fascino imperturbabile. E non è sempre vero che il pubblico delle televisioni tradizionali stia sempre più invecchiando. Mi muovo spesso per lavoro tra le redazioni di Sky Cinema e Discovery e ho modo di rilevare, tra i professionisti, un’età media intorno ai 35 anni. Significa che a volte trovo il cinquantenne, molto più spesso ragazze e ragazzi tra i 20 e i 35 anni, che lavorano con passione a contenuti che difficilmente potrebbero essere apprezzati dalle loro nonne. Per noi voci della televisione e voci della pubblicità, quello televisivo è il media più attraente. È una questione di vantaggio economico, di valori in gioco, di reputazione professionale. Per questo siamo sempre molto disponibili quando la televisione chiama e richiede le nostre abilità vocali.

Un aneddoto che rivela l’importanza della voce in televisione

Un paio di anni fa Mika, la star della musica che si è felicemente riscoperta grande intrattenitore televisivo, richiese la mia voce per il suo varietà televisivo sulle reti Rai “Casa Mika”. Una produzione con la “P” maiuscola, nella quale la voce degli spot, la voce di un attore, si rendeva necessaria per rievocare il mondo fiabesco (tipico di Mika) delle produzioni Walt Disney. Giornata di prove, più giornata di registrazioni “Live”, un ossimoro che rappresenta la modalità di registrazione nella quale non è previsto sbagliare, fermarsi e ricominciare, se non in casi straordinari. Ovvio che in tale frangente il doppiatore Giacomo Zito ha risposto all’appello come un soldatino scattante…

Non parliamo del rapporto delle voci professioniste con la pubblicità televisiva. Una campagna tv ha ancora oggi un appeal importante con riferimento ai guadagni associati, benché – ripetiamolo – tutti si affrettino a dire che il mondo giri da tutt’altra parte. Quello che tuttavia oggi voglio affrontare è il tema della voce di canale, quella che rappresenta l’identità vocale di una tv.

Le voci di canale: spesso un’assicurazione sulla vita!

Conosco colleghi che da più di vent’anni sono voci dei promo tv. In continuità registrano promo, lanci, appuntamenti, per un canale tv e quello soltanto. Si chiamano, nel gergo spontaneo di questo mondo “voci ufficiali”. Converrete con me che si tratta di una vera e propria assicurazione sulla vita, nel discontinuo e spesso poco vivace ménage professionale delle voci della pubblicità. Una, due, tre volte alla settimana la voce dei promo è chiamata a offrire un’identità vocale attraverso il suo particolare timbro, tanto da diventare una presenza familiare e riconoscibile per milioni di persone.

Per questo tutti noi ambiamo a diventare una “voce ufficiale”, per dare solide basi a una carriera che di basi – per definizione – non ne ha.

Ormai da più di un decennio ho il privilegio di essere la voce ufficiale di Discovery Channel, la rete cosiddetta ammiraglia del gruppo Discovery, che annovera anche Canale9, Real Time, Science, tra gli altri. Come voce per la pubblicità, l’esperienza è appagante, restare in contatto con tante persone con le quali ho stretto anche relazioni amicali è importante, la qualità del lavoro sempre elevata e poi, l’aspetto più importante: sentirsi in qualche modo un “pezzo” del canale. Impagabile (ok, non esageriamo…).

Custodire un’identità, raccontarla al pubblico con la voce

Associare la propria voce a un marchio importante come un network nazionale, per una voce del doppiaggio genera un senso identitario di tipo reputazionale importante. Tutti sanno che sei un brand in qualche modo, che chiamandoti “comperano” anche un po’ dell’identità di quel canale al quale presti la voce come voce ufficiale da così tanti anni. Molte voci degli spot hanno fatto la loro fortuna utilizzando questo semplice meccanismo emulativo. Ma.

Ma… C’è il rovescio della medaglia che è pronto a manifestarsi in tutta la sua pericolosa crudezza. Come abbiamo appena affermato, l’associazione a un canale televisivo come voce pubblicitaria è un elemento importante di identità. Il problema sorge se lo si diventa troppo, tanto da essere immediatamente associato a quella tv non appena si viene ascoltati in un prodotto che non sia il promo di quel canale.

“Ah ma questa è la voce di Italia 9! (sì, sono pietoso a trovare dei nomi di fantasia)”. Ed ecco che l’effetto dello spot pubblicitario del dentifricio viene assimilato al alla striscia di satira che tutte le sere imperversa sul canale televisivo. Insomma, il punto di forza di essere una voce dei promo tv, diventa improvvisamente un punto di debolezza proprio per lo stesso motivo.

Il futuro delle voci dei promo tv

In questi anni si sta consolidando un rapporto simbiotico tra tv di flusso e piattaforme on demand. Soprattutto quando si tratta di promuovere il prodotto che rende la fruizione televisiva tradiziona assolutamente vincente: la diretta.

Hai voglia a vedere una partita di calcio on demand. Il tifoso ha bisogno dell’adrenalina del momento, del poter vivere il match in tempo reale. La piattaforma di streaming e il canale tv diventano quindi dipendenti: l’una ha bisogno dell’altra per promuovere i propri contenuti. Pensiamo ad esempio a DaZN, la piattaforma di eventi sportivi. E dove c’è bisogno di promuovere contenuti… Ecco che diventa centrale la figura della voce del doppiaggio, dell’attore doppiatore, del voicetalent, chiamatemi come vi pare!

In un mondo in continuo cambiamento, finché non cambieranno i codici linguistici, il che significa finché non subiremo mutazioni genetiche importanti, la voce professionale resterà uno strumento di comunicazione essenziale per mettere in relazione pubblici diversi. 

Leave a Reply